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CHE - L'ARGENTINO
(CHE - PART ONE)
CHE - GUERRIGLIA
(CHE - PART TWO)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 17 aprile 2009
 
di Steven Soderbergh, con Benicio del Toro, Demian Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Minguez (Stati Uniti, 2008)
 
Uno dei grandi miti rivoluzionari degli ultimi cinquant'anni filmato da un rappresentante del cinema americano, libero e creativo. Un film-fiume concepito in due tempi ben distinti: CHE - L'ARGENTINO sarà seguito da CHE - GUERRILLA, ambedue di 127 minuti. Nel primo, il racconto epico dell'ultimo anno della guerra rivoluzionaria cubana, le ultime resistenze nel 1958 delle forze del dittatore Batista nei confronti delle truppe ribelli di Fidel Castro, fino alla marcia finale sull'Avana. Il tutto intercalato da sbalzi nel tempo; a ritroso, quando per Fidel si trattava di convincere il Che ad unirsi a lui, e in avanti, nella ricostruzione in bianco e nero del celebre discorso di Ernesto Guevara all'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1964. L'inizio del secondo tempo vede invece il Che sbarcare in incognito all'aeroporto di La Paz; ed è allora un film diverso, più melanconico e circoscritto (e, in definitiva, più riuscito) rispetto alla ricostruzione spettacolare del primo, e non poteva essere altrimenti, trattandosi della forse altrettanto mitica, ma ben diversamente sfortunata avventura boliviana.

Lungamente voluta, altrettanto ripetutamente rinviata, questa del CHE risulta così una cronaca minuziosa, e per certi aspetti prolissa, di una parte della celebre esistenza; ma che, paradossalmente, finisce per non rivelare granché sul personaggio, come i 40 anni che ci separano dagli avvenimenti e le quattro ore e mezza di proiezione potevano far sperare. Nulla sulle zone d'ombra che come tutti sanno non mancano, nulla sulla rottura con Fidel Castro che si sospettava volesse perfino assassinarlo, nulla sul suo ruolo di direttore di prigioni e autore di esecuzioni a Cuba, sulle sue tentazioni dell'uso di armi nucleari e di un'esperienza in Congo non proprio esaltante. Poco, ed è assai più grave, perché avrebbe permesso di riflettere sui destini di ogni rivoluzione, sui rapporti con la popolazione e sul perché dell'adesione cubana e del rigetto boliviano; della diffidenza di quei contadini e montanari costretti a condizioni di vita miserabili, eppure del tutto restii a seguire quel gruppetto di "comunisti" di buona volontà, che non riusciranno mai a superare lo stadio preliminare di ogni sensibilizzazione sul passaggio all'atto. Il Che arrischia così di rimanere quello delle T-shirt, agiografico e indefinito, forse all'americana, incarnato con applicazione da Benicio del Toro. Siamo dalle parti di Robin Hood, mentre da quelle del Che c'erano pur sempre da sfogliare con ben altra commozione i diari.


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